Mi sembra che le interazioni su Twitter siano diminuite di quantità e peggiorate di qualità da quando si fa un uso sistematico del cosiddetto “blocco”, cioè l’opzione tramite cui si può impedire a qualcuno di dialogare con te e vedere i tuoi tweet.
Il punto di partenza è che grazie ai social network si può interagire parecchio. Non saprei dire se tutti questi dialoghi, like, retweet, cuori e stelline rimpiazzino conversazioni, apprezzamenti, incitamenti e ammiccamenti nella vita reale, oppure se si aggiungano a ciò che accade per l’appunto nella vita reale, aumentando le nostre interazioni totali. Tutti i social network permettono di interagire solo con il gruppo ristretto dei tuoi amici, ma ciò è abbastanza raro su Twitter -il più politico dei social network-, all’interno del quale i “profili privati” sono piuttosto rari.
Una delle preoccupazioni principali intorno all’utilizzo sempre più preponderante di internet per raccogliere informazioni e notizie è che si possano creare in maniera sistematica “casse di risonanza” (echo chambers), ovvero un insieme di compartimenti stagni all’interno dei quali persone con una certa predisposizione ideologica finiscono per leggere soltanto informazioni provenienti da persone con la stessa connotazione ideologica, così da rendere impossibile l’incontro con chi la pensa diversamente.
Ebbene, un recente lavoro empirico di Gentzkow e Shapiro dava qualche ragione per ben sperare, in quanto mostrava come i cittadini USA con posizioni più estremistiche -e dunque più soggette al rischio di ancor più estremizzanti casse di risonanza- in realtà consumassero uno spettro ideologicamente più ampio di siti di informazione, rispetto a cittadini più moderati e meno interessati alla politica: sotto questo profilo costoro erano ideologicamente più segregati nella loro vita reale che nella loro vita virtuale.
È da lungo tempo che negli USA e altrove ci si preoccupa dell’aumento della polarizzazione ideologica, cioè dello spostarsi dei cittadini verso posizioni più estreme, lasciando relativamente vuoto il centro dello spazio politico e rendendo sporadici e difficili i dialoghi tra i due “poli”. Se questo studio di Gentzkow e Shapiro poteva far bene sperare i fautori del dialogo, il modo stesso in cui funzionano i social network potrebbe indurci a essere molto più pessimistici sul punto, per il fatto di scegliere indirettamente l’ideologia delle fonti di informazioni utilizzate a motivo delle persone ideologicamente vicine con cui si decide di chiacchierare.
Forse il mondo di Internet 1.0 era diverso, in quanto la lettura di un articolo del New York Times o del Wall Street Journal, del Fatto Quotidiano o de Il Giornale è un fatto materiale, non il frutto di un rapporto di amicizia con il tuo amico su Twitter o su Facebook che ti segnala la cosa o ti mette il link all’articolo stesso: invece di fare il giro sulle diverse testate giornalistiche i social network rischiano di predisporre spontanee casse di risonanza, a meno che non si dialoghi a tutto campo con persone dalla posizione ideologica non necessariamente identica o vicina.
Ed eccoci al punto cruciale: la possibilità di bloccare interlocutori sgraditi su un social network rilevante come Twitter è scelta facile -in quanto consiste semplicemente nel fare *CLICK* su un pulsante-, possibilmente vantaggiosa nel breve periodo -dato che toglie di mezzo l’interlocutore sgradito-, ma probabilmente perdente nel medio-lungo termine, per due ordini di motivi. Che sono questi:
- [motivo commerciale per il signor Twitter Inc.] L’opzione del blocco ha il vantaggio di creare diverse comunità di persone ideologicamente vicine tra di loro, che non vengono disturbate dall’esterno, ma per l’appunto diminuisce l’ammontare di dialogo a tutto campo. Ma se vuoi un dialogo con chi la pensa come te c’è Facebook che è bell’e pronto, in quanto incentrato sul concetto di “amico”. Il signor Twitter Inc. è davvero sicuro di volere sovrapporsi a Facebook nella scelta del suo modello di social network?
- [evoluzione sociale della faccenda] Siamo sicuri che una società stia meglio se la tecnologia spinge ulteriormente all’aumento della polarizzazione e all’affossamento del dialogo? Quand’è successo esattamente che abbiamo deciso che la nostra visione del mondo è sicuramente vera e quella di chi non la pensa come noi è sicuramente falsa?
[pezzo adatto dei Pink Floyd]
[pezzo inadatto dei Pink Floyd]
Per chi vuole saperne di più:
Matthew Gentzkow e Jesse M. Shapiro [2011]. “Ideological Segregation Online and Offline.” Quarterly Journal of Economics 126(4): 1799-1839. Disponibile qui.
PS: ringrazio Carlo Piana per il suggerimento di tradurre echo chamber con l’appropriato “casse di risonanza” invece che con l’orrido “camere dell’eco” che mi era venuto in mente di primo acchito 🙂