Secondo me la canzone che tratta di lavoro e di etica del lavoro nella maniera più veritiera possibile è “Work”, scritta da Lou Reed e John Cale. Fa parte dell’album Songs for Drella, dedicato dai due ad Andy Warhol, maestro della Pop Art e della Factory, e sponsor dei Velvet Underground (il gruppo di Lou Reed e John Cale).
Nel testo della canzone Lou Reed racconta in prima persona di come Warhol lo spronasse a lavorare di più, a scrivere più canzoni: quando Warhol chiese a Lou Reed quante canzoni avesse scritto, lui mentì rispondendo di averne scritte dieci, quando in realtà non ne aveva scritte neanche una. Ma anche dieci canzoni non erano abbastanza per Warhol: ne avrebbe dovute scrivere quindici, dato che “non sarebbe stato giovane per sempre”.
Tutte le volte che mi sento pigro mi viene voglia di sentire questa canzone, oppure penso direttamente al suo testo, e in particolare agli ultimi versi (traduzione mia):
A volte quando non so che cosa debba fare
Penso a quel che avrebbe detto Andy
Probabilmente avrebbe detto “tu pensi troppo
Ed è perché c’è del lavoro che non vuoi fare”
È il lavoro, la cosa più importante è il lavoro
Il lavoro, la cosa più importante è il lavoro.
Eccovi Work in versione dal vivo:
Bene, bene: bisogna usare bene il proprio tempo, in particolare lavorando. Ciò naturalmente non vuol dire che tutto il tempo vada utilizzato lavorando, ma non bisogna neanche fare finta di avere un numero di ore a disposizione che sia infinito, per lavorare, divertirsi o altro. Su certe attività si può diventare più produttivi, ma non su tutte, come magistralmente spiegato dal compianto William Baumol.
Produttivi o non produttivi, ascoltiamo infine la lezione del maestro Franco Califano, che nella mitica “Balla ba” ci ricorda i suoi -e nostri- limiti nel dividere il tempo tra ballare e fare altro.