Ci sono due paroline magiche che mancano nella striminzita relazione sulla spending review ad opera di Yoram Gutgeld, l’unico commissario sopravvissuto nell’incarico (qualcuno rammenta il destino di Cottarelli e Perotti?): le due paroline sono “clausole” e “salvaguardia”, o ancor meglio l’intera espressione “clausole di salvaguardia”.
A che cosa mi riferisco? Si tratta di quei provvedimenti, inseriti nelle Leggi di Stabilità (cioè le manovre finanziarie per l’anno successivo) da Enrico Letta e soprattutto da Matteo Renzi, i quali specificano gli aumenti di imposte -IVA e accise sulla benzina- che scattano qualora non vengano raggiunti gli obiettivi di taglio della spesa pubblica corrente previsti dalla spending review medesima (qui un bel pezzo di Maria Cecilia Guerra).
Con apprezzabile onestà intellettuale Yoram Gutgeld ammette nella sua relazione come i tagli di spesa siano stati di fatto utilizzati per aumentare altre componenti di spesa, ma è davvero sorprendente (o forse non lo è per niente) che nella sua relazione NULLA si dica sulle clausole di salvaguardia, la cui applicazione è stata posticipata grazie alla cosiddetta “flessibilità”, cioè la possibilità di fare deficit aggiuntivo rispetto al quadro tendenziale, che è l’espressione tecnica per indicare l’andamento dei conti pubblici prima degli interventi previsti in manovra finanziaria.
Ma resta il fatto che nella relazione di Gutgeld mancano le paroline magiche “clausole di salvaguardia”: paroline in apparenza innocue dietro cui si nasconde quel possente convitato di pietra dato dai tagli di spesa che non sono stati fatti, e dai tagli che -se sono stati fatti- sono stati reimpiegati in spesa ulteriore, tali per cui entrambi devono essere compensati da aumenti di tassazione, cioè di IVA e accise sulla benzina.
E in un gioco di piani economici e politici che sembrano non incontrarsi mai, è altrettanto curioso il fatto che nella discussione sulla legge di bilancio prossima ventura si discuta se sia il caso di evitare totalmente l’applicazione delle clausole di salvaguardia per il 2018 chiedendo “più flessibilità all’Europa” e alzando altre imposte, oppure se sia meglio accettare qualche aumento dell’IVA senza aumentare altre tasse, ma praticamente mai si parli della spending review come strada maestra per evitare l’applicazione delle clausole stesse.
E alla fine resta una domanda amara: perché gli italiani devono sopportare questi giochetti fatti con i sudati soldi delle loro tasse?
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