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#BancheVenete: la propaganda di Governo e Bankitalia contro il bail-in, cioè contro il contribuente

Perché mai Governo e Bankitalia insistono nel mettere in cattiva luce il principio sacrosanto del bail-in nell’ambito di una crisi bancaria?

Mi sto riferendo al principio secondo cui, nel caso di perdite di una certa banca che ne fanno diminuire il capitale in maniera eccessiva rispetto agli impieghi totali (prestiti e titoli), se non ad azzerarlo, prima di un intervento da parte dello stato è necessario che tali perdite vengano coperte innanzi tutto dagli azionisti, e in secondo luogo da coloro che detengono obbligazioni subordinate, cioè le più vicine in termine di rischio al capitale azionario.

Come spiegato in termini semplici sul sito del Ministero dell’Economia qui, lo stato può intervenire in varie forme quando la perdita sopportata da azionisti e obbligazionisti è stata almeno pari all’8% del passivo totale della banca stessa. Quindi il senso fondamentale della legge è che azionisti e obbligazionisti che detengono titoli particolarmente rischiosi (obbligazioni subordinate) siano i primi a pagare per una crisi bancaria, a (parziale) tutela dell’essere più bistrattato dentro l’economia italiana: IL CONTRIBUENTE, che io preferisco chiamare in maniera più diretta “pagatore di tasse”, traducendo lo schietto termine inglese taxpayer.

Attenzione: resta in ogni caso vero che i depositi bancari sotto i 100mila euro sono protetti -in quanto rimborsati interamente- dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD).

Il principio del bail-in è stato introdotto nell’ordinamento nel 2015 con la direttiva BRRD, ed inizialmente è stato denominato “fallimento ordinato” (qui l’apprezzamento dell’ex ministro Saccomanni dopo il raggiungimento dell’accordo all’interno dell’Ecofin). A seguito di una situazione di crisi all’alternativa del fallimento (in ambito bancario: la liquidazione coatta amministrativa) è stato aggiunta la nuova possibilità della risoluzione, cioè la creazione di due soggetti -la good bank e la bad bank- al fine di permettere per quanto possibile la continuità aziendale attraverso la good bank.

Da economista e studioso dei mass media ritengo che Governo e Bankitalia (ma non soltanto loro) abbiano cercato di spargere dentro l’opinione pubblica del paese sentimenti negativi contro il bail-in, trascurando altri temi molto più rilevanti per la salute delle banche e dei risparmi degli italiani.

Procedo brevemente per punti:

Primo punto: come discusso meglio sopra, si cerca di nascondere la natura del bail-in come evitamento del bail-out (cioè il pagamento delle perdite da parte del pagatore di tasse).

Secondo punto: nel confronto con altre situazioni simili in ambito europeo, nelle settimane scorse si è ad esempio cercato di far passare l’idea che in Spagna la crisi bancaria del Banco Popular sia stata risolta con un salvataggio da parte di Banco Santander, senza bail-in. FALSO: azioni e obbligazioni subordinate del Banco Popular sono state azzerate.

Terzo punto: si continua a fingere che la solidità delle garanzie detenute dalle banche a fronte di prestiti incagliati non dipenda strutturalmente dall’andamento (pessimo) del mercato immobiliare, che è schiacciato dalla tassazione patrimoniale introdotta dal governo Monti. “Divertente” che la Commissione UE -con raro esempio di doppio pensiero- si preoccupi giustamente della salute delle banche italiane e nel contempo spinga il legislatore fiscale italiano ad aumentare la tassazione immobiliare, senza aprire mezza riflessione sugli effetti negativi del calo dei prezzi degli immobili su molti aspetti dell’economia italiana, inclusa la solidità patrimoniale delle banche stesse. Bravi! [Qui il video della mia spiegazione a Omnibus su La7]

 

 

 

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