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La posizione di Lotta Continua sull’omicidio del Commissario Calabresi

Ritengo necessaria un’operazione di verità storica sul Movimento dei Sessantottini e dei gruppi politici extra-parlamentari che da lì sono nati.

Parto da qui: dalla posizione politica di Lotta Continua, il movimento capitanato da Adriano Sofri, a proposito dell’omicidio di Luigi Calabresi, commissario di polizia a Milano, ucciso la mattina del 17 maggio 1972 a 34 anni. Lotta Continua era in prima fila nell’accusare -falsamente- Calabresi per l’omicidio di Giuseppe Pinelli, arrestato come esecutore della Strage di Piazza Fontana e caduto dal quarto piano della Questura di Milano.

Ecco le belle parole scritte il 18 maggio 1972 sulla prima pagina di Lotta continua (il giornale del movimento), che dava la notizia dell’omicidio di Calabresi con questo titolo: “Ucciso Calabresi, il maggior responsabile dell’omicidio di Pinelli”.

Il titolo dell’editoriale è un sobrio “La posizione di Lotta Continua”, mentre il testo non è per niente sobrio, e lo riporto per intero qui.

Ieri il razzista Wallace, oggi l’omicida Calabresi. La violenza si rivolge contro i nemici del proletariato, contro gli uomini che della violenza più spregiudicata hanno fatto la loro pratica quotidiana di servizio al potere. E’ fin troppo facile prevedere che si scateni ora tutta la rabbia repressiva dello stato contro le organizzazioni rivoluzionarie e i loro militanti.

Ma questa non può essere una ragione per farci tacere oggi quella verità che abbiamo sempre detto ad alta voce: che Calabresi era un assassino, e che ogni discorso sulla “spirale della violenza, da qualunque parte provenga” è un discorso ignobile e vigliacco, utile solo a sostenere la violenza criminale di chi vive sfruttando e opprimendo.

Di fronte a questo, noi abbiamo poco da dire. Ci basta, a sottolineare quale abisso morale ci separi dai nostri nemici, ricordare che il ministro di polizia, Mariano Rumor, definisce Calabresi, un suo funzionario sotto processo per omicidio, “esemplare nell’adempimento del proprio dovere”. E del resto già prima, per il suo comportamento “esemplare”, Calabresi aveva ottenuto una promozione.

Ma non possiamo nemmeno, ieri per Wallace, oggi per Calabresi, accettare un giudizio opportunista che fa di ogni azione diretta il risultato della provocazione e dell’infiltrazione del nemico di classe. L’omicidio politico non è certo l’arma decisiva per l’emancipazione delle masse dal dominio capitalista, così come l’azione armata clandestina non è certo la forma decisiva della lotta di classe nella fase che noi attraversiamo.

Ma queste considerazioni non possono assolutamente indurci a deplorare l’uccisione di Calabresi, un atto in cui gli sfruttati riconoscono la propria volontà di giustizia.

Un chiarimento e una domanda a proposito di questo “editoriale”.

  1. [chiarimento] George Wallace era il governatore dello stato dell’Alabama, candidato alle elezioni presidenziali USA del 1972 con posizioni segregazioniste, ferito in un attentato il giorno precedente l’assassinio di Calabresi.
  2. [domanda] Ma gli autori di questo “editoriale” sanno che devono vergognarsi fino alla fine dei loro giorni?

Qui il pdf della prima pagina di Lotta continua.

 

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Un pensiero riguardo “La posizione di Lotta Continua sull’omicidio del Commissario Calabresi

  1. Vede Prof. analizzare oggi le posizioni di lotta continua di 45 anni fa, non è possibile, non è comprensibile da chi non ha vissuto quegli anni, io il ’68 non l’ho vissuto, ma il ’77 si e, le posizioni di LC, attraversavano gran parte del movimento studentesco che comunque aveva nobili fini, che poi purtroppo sono degenerati nella lotta armata determinando anche la fine del movimento che non voleva una violenza spinta fino a quel punto. Fino a che c’era da fare qualche scontro con la polizia era una cosa, ma sparare alla gente no, non venne accettato.
    L’analisi di quegli anni che hanno tracciato il sentiero dei successivi 30, con relative distorsioni, non è ne facile ne semplice.

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