economia · politica

Eurexit e svalutazione dell’euro: l’ennesima scemata dei noeuro

A sapere con certezza che l’euro si sarebbe fortemente svalutato contro il dollaro, un’ottima idea di investimento era quella di comprare dollari (e titoli in dollari) in tempo, vendendo euro e titoli in euro.

Wall_street_Minibot_finale

Gli amanti dell’uscita dell’Italia dall’euro, e soprattutto quanti tra costoro vogliono far apparire come trascurabili i costi di tale uscita, pensano di dire una cosa intelligente paragonando questa strategia di investimento in dollari alla scelta di ritirare i risparmi in banca (o trasferirli su un conto corrente estero) nel momento in cui questa eurexit sia imminente.

Il ragionamento, che -ripeto- sembra intelligente ma è particolarmente idiota,  è all’incirca questo: “Come mai tu che predichi la corsa agli sportelli per evitare la perdita di valore dei tuoi risparmi convertiti in neo-lire al momento di eurexit non ti sei comprato dollari per evitare la svalutazione dell’euro e una perdita di valore simile? Perché hai rinunciato a questo guadagno, cioè a questa mancata perdita?”

Che tenerezza! In maniera dolosa o colposa qui si finge che due situazioni molto diverse siano direttamente confrontabili. Il principio generale che sta alla base delle scelte razionali -non soltanto quelle economiche- sta nel confrontare benefici e costi di ogni scelta e intraprendere quella con il divario maggiore, tenendo altresì presente il rischio, cioè quanto il risultato finale (in termini di benefici meno costi) possa variare in funzione “del caso”, cioè di circostanze che non sono sotto il nostro controllo. Se un individuo è infastidito dal rischio, allora per definizione preferisce ottenere un certo risultato con certezza piuttosto che lo stesso risultato in media ma con un ventaglio di risultati possibili, peggiori o migliori della media.

Esempio banale ma chiaro: un individuo avverso al rischio preferisce ricevere 100 euro con certezza piuttosto che nulla con probabilità pari al 50% e 200 euro con la stessa probabilità del 50%.

Ebbene, nel caso del cittadino che vende titoli in euro per comprare titoli in dollari non c’è soltanto il costo di acquisire informazioni sul mercato dei cambi, ma un’incertezza/rischio importante sull’andamento futuro del tasso di cambio tra euro e dollaro: chi dà la certezza al tizio che l’euro si svaluterà nei giorni/mesi/anni successivi alla scelta di comprare titoli in dollari vendendo titoli in euro? NESSUNO.

Ad esempio, nessuno poteva dirti con certezza che a comprare dollari all’inizio del giugno 2008 avresti preso il punto minimo del dollaro rispetto all’euro (1,575 dollari per comprare un euro) e dunque a oggi, con la successiva rivalutazione del dollaro contro l’euro, avresti portato a casa un guadagno percentuale totale del 33% e passa.

Pensiamo invece al caso del rischio imminente di eurexit: in questo caso, la probabilità che la neo-lira (o il fiorino, il #MiniBot o la pizza di fango, in poche parole la moneta che rimpiazzerà l’euro in Italia) varrà meno di un euro è elevatissima, perché “tutti” sanno che l’Italia deve recuperare il differenziale di competitività contro gli altri paesi dell’eurozona (prezzi italiani “troppo alti” rispetto ai prezzi in questi altri paesi). Allora la scelta di ritirare i propri risparmi dal conto corrente o di spostarli su un conto corrente estero appare come estremamente vantaggiosa -con l’unico rischio di non fare in tempo!- e dunque i cittadini italiani la effettueranno in massa. Altro che le sofisticate analisi intorno al cambio euro/dollaro.

 

Ancora una volta, i dilettanteschi fautori di eurexit usano ogni mezzo per raccontare una favola a lietissimo fine, in cui l’uscita dell’Italia dall’euro sembra una riposante passeggiata su prati profumati, invece che una caotica avventura da far tremare le vene e i polsi).

Avere un dilettante come guida va pure bene se si tratta di una scampagnata su un prato soave, mentre rischia di trasformarsi in tragedia se si deve scalare una parete rocciosa con pochi e faticosi appigli.

 

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