Partiamo dalle faccende positive: è un bene che il PIL nel 2017 sembri andare meglio rispetto a quanto previsto dal governo nel DEF (Documento di Economia e Finanza) della primavera scorsa, a motivo del dato migliore di crescita per il secondo trimestre. Vedremo che numeri verranno messi nella Nota di Aggiornamento al DEF di settembre.
Nel frattempo l’agenzia di rating Moody’s ha rivisto verso l’alto le stime di crescita sull’Italia, portando quella per il 2017 all’1,3% rispetto all’1% precedente, ed improvvisamente è diventata -come ben notato da Mario Seminerio- una tenera amica del popolo italiano invece che uno strumento dell’oppressione dei poteri forti finanziari mondiali.
Non ci credete? Beh avreste dovuto guardare l’imparziale e pacato TG1 di ieri sera.
Dal punto di vista dei conti pubblici per l’anno prossimo (imposte, spesa pubblica e deficit come differenza uscite ed entrate delle Pubbliche Amministrazioni) le scelte del governo in carica si concretizzeranno nella Legge di Bilancio: se possiamo tirare un vago sospiro di sollievo per il fatto che la probabilità di elezioni in autunno è ormai vicina allo zero, resta il paradosso per cui la combinazione tra l’andamento migliore del previsto dell’economia e le elezioni politiche del 2018 possa produrre più danni che benefici al paese.
La questione è presto detta: si tratta della fortissima tentazione in capo alla maggioranza di governo (PD e partiti minori) di predisporre una legge di bilancio a fini elettorali, fatta di pochissima (se non nulla) spending review in termini netti e di una serie di “bonus” per mostrare come il governo del PD “faccia qualcosa” per chi per l’appunto si vede prometterne uno.
Ecco il soave pensiero che, a mio modesto avviso, sta aleggiando nella mente di politici ed economisti piddini in queste calde giornate estive:
Perché mai dobbiamo spaccarci la schiena per ridurre il deficit nel 2018 fissando tagli di spesa ferrei ed evitando gli aumenti di IVA e accise previsti dalle clausole di salvaguardia? Dopo tutto abbiamo un po’ di spazio di manovra grazie al PIL che va meglio del previsto! Anche a Bruxelles avranno la mano più leggera perché sono terrorizzati dalla vittoria dei “populisti”, e dunque c’è pure lo spazio per dei bonus fiscali di cui vantarci in campagna elettorale!
E allora sono cominciate già in agosto le indiscrezioni su qualcuno di questi bonus prossimi venturi, come ad esempio gli sgravi contributivi per le assunzioni dei giovani, oppure il blocco negli aumenti automatici dell’età pensionabile. Beninteso: c’è sempre un’ottima giustificazione economica per qualsiasi sgravio fiscale, persino per il bonus dei 500 euro ai diciottenni (lo ammetto: ho fatto una fatica micidiale a scrivere quest’ultimo pezzetto di frase). Tuttavia bisogna sempre farsi la famosa domanda usata assiduamente da Ugo La Malfa nei suoi interventi parlamentari: “CHI PAGA?“
Un taglio di contributi o una spesa aggiuntiva a fini pensionistici deve essere finanziata da un aumento delle imposte altrove, da un taglio di altre spese oppure da un aumento del deficit rispetto al suo andamento “naturale” in assenza del bonus stesso: a meno di aumenti di imposte “nascosti” (come il minor sgravio -deciso lo scorso anno- per le imprese che aumentano il loro capitale di rischio: cosiddetta “rimodulazione dell’ACE”) oppure di una spending review improvvisamente resuscitata dopo la dipartita dei commissari Cottarelli e Perotti, la strada maestra per finanziare questi bonus consisterà nel rallentare la riduzione del deficit rispetto al cammino segnato dalla crescita seppur modesta del PIL. Sotto tale profilo è proprio il PIL che cresce un po’ di più che dà fiato a questa strategia di politica economica imperniata sui bonus da raccontare in campagna elettorale.
Intendiamoci: non è una strategia che è esclusivo appannaggio del PD guidato da Renzi, ma -rispetto alla sempre rilevante domanda di La Malfa sul chi paga- qui si aggiunge una pessima tendenza a creare incertezza con interventi estemporanei, la cui durata non è per nulla certa, e che -come nel caso degli scemi #80euro– riescono pure a incasinare ulteriormente la struttura dell’imposta personale sul reddito (IRPEF).
Esiste un’altra strada? Certamente sì: quella liberale che consiste nel tagliare in modo credibile e permanente le imposte grazie ad un taglio altrettanto credibile e permanente della spesa pubblica corrente, lasciando spazio agli investimenti pubblici e soprattutto agli investimenti privati, che sono ancora malmessi e bloccati dall’incertezza dopo la batosta presa tra il 2008 e il 2009.
D’altro canto il PD -come un avvocato che non sa se la controparte scaglierà un colpo decisivo oppure un’obiezione cretina- tirerà un bel sospiro di sollievo se il centro destra continuerà a gingillarsi con trovate monetarie infantili invece che fare opposizione dura su ciò che davvero conta, cioè la parte fiscale della politica economica: spesa pubblica, tasse e deficit.
Buongiorno: la ringrazio per aver pubblicamente denunciato, stamane ad Omnibus su La7, lo scandalo della tassazione montiana e poi piddina degli immobili, i 10 miliardi di Imu, Tasi, ecc che hanno distrutto il settore immobiliare.
È una doppia, immensa vergogna: che tale mostruosa tassazione rimanga e che nessun soggetto plitico proponga di eliminarla.
Intanto il settore immobiliare muore e con esso muoiono le speranze di coloro che vi avevano investito. I risparmi di milioni di persone sono stati bruciati da questa infame tassazione di politici infami!
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